GUIDA AL "VITIGNO".
Il termine Vitigno viene usato per definire la vite coltivata dall’uomo, selezionata, codificata e utilizzata per diversi scopi, compreso l’uso dei suoi frutti per la vinificazione.
I vitigni si possono distinguere per differenti forme e colori dei Chicchi di uva (Bacca Nera, Bacca Bianca, Bacca Rosa, Bacca Grigia), del Grappolo e della forma delle Foglie, oltre che per differenti periodi di maturazione e soprattutto per le diverse caratteristiche organolettiche dei vini da essi ottenuti. L'Ampelografia (dal greco ampelos) è la disciplina che studia, identifica e classifica le varietà dei vitigni attraverso schede che descrivono le caratteristiche dei vari organi della pianta nel corso delle diverse fasi di crescita. La terminologia e le modalità di impiego sono stabilite a livello internazionale.
Tale studio sistematico ebbe inizio con l'agronomo latino Lucio Giunio Moderato Columella e si sviluppò con Pier dei Crescenzi nel XIII secolo e soprattutto con il Conte Odart che scrisse nel XIX secolo l'Ampelografia Universale. Oggi, a queste accurate descrizioni morfologiche, standardizzate dall'Organisation Internationale de la Vigne et du Vin si sono aggiunte le più accurate analisi del DNA.
I vitigni sono stati suddivisi in due grandi categorie: gli Internazionali e quelli definiti Autoctoni.
Vitigni "INTERNAZIONALI".
Alla prima appartengono quelli che si sono adattati e diffusi in molte latitudini del mondo, in alcune delle quali il vigneto era fino alla loro introduzione sconosciuto, ma li troviamo ovviamente anche in Paesi dove la vite è presente da secoli, dunque anche in Italia.
Ma quali sono i principali vitigni internazionali?
Quelli a bacca rossa sono il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc, il Merlot, il Pinot Nero, il Syrah e lo Zifandel; quelli a bacca bianca lo Chardonnay, il Sauvignon Blanc, il Pinot Bianco e Grigio, il Riesling e l’Airén. Si tratta di poche tipologie di vitigni dai quali si produce buona parte del vino mondiale: si calcola che da soli 13 vitgni si ricava un terzo del vino mondiale. La qualità dei vini ottenuti da queste uve può essere sicuramente eccelsa e in molti casi occupano le primissime posizioni nelle classifiche dei migliori vini nazionali ed internazionali stilate da riviste ed esperti del settore. Ma è altresì vero che, mettendo in risalto queste varietà, si crea una certa omologazione nelle produzioni e nei gusti, non dando il meritato spazio ed importanza ai vitigni meno diffusi e presenti a livello locale.
Vitigni "AUTOCTONI".
I vitigni "Autoctoni" invece, sono quelli specifici di una determinata zona che hanno un legame indissolubile, costruito in secoli di storia, con il loro terroir (il terroir è l’insieme delle caratteristiche naturali, fisiche, chimiche e climatiche che caratterizzano una determinata zona agricola). I vitigni autoctoni italiani sono davvero tanti (Slow Wine parla di 700 varietà autoctone) e ce ne sono alcuni più utilizzati di altri nella produzione dei vini italiani. Venendo ai nomi, solo per citarne alcuni, non possono non essere menzionati il Nebbiolo, usato per la produzione di Barolo e Barbaresco in Piemonte, il Sangiovese per i grandi vini toscani, il Negroamaro ed il Primitivo in Puglia, il Sagrantino in Umbria, il Nero d’Avola tipico del siracusano, il Montepulciano nel centro Italia, l’Aglianico soprattutto in Campania e Basilicata, la Glera coltivata in Veneto e Friuli ed utilizzata per la produzione del prosecco.
Negli ultimi tempi si sta assistendo alla rivalutazione dei vitigni autoctoni, soprattutto per la loro unicità, e questo permette altresì di dare maggiore risalto ad un determinato territorio che, se ospitasse un vitigno internazionale, costituirebbe soltanto una piccola parte dei milioni di ettari mondiali destinati a vigneto, senza quel bagaglio di storia e tradizione che ne è fondamento.
È altresì importante non soffermarsi sui vitigni autoctoni che hanno maggiore risonanza a livello nazionale ed internazionale, ma favorire la riscoperta e la valorizzazione dei vitigni meno noti ai più, per non dissipare un patrimonio che è stato in alcuni casi faticosamente tramandato fino ai giorni nostri.
Di seguito forniamo un elenco dei vitigni maggiormente coltivati con "link" al sito del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali da consultare per eventuali approfondimenti.