TEQUILA.-----clicca e scopri-----
La Tequila è un distillato originario del Messico, ottenuto dalla fermentazione e successiva distillazione dell'agave blu (Agave tequilana), prodotto originariamente nella località messicana di Tequila e nelle sue vicinanze, nello Stato di Jalisco.
STORIA.
La Tequila, anche se sarebbe più corretto dire il Tequila, è lo spirito del Messico e la sua origine si intreccia indissolubilmente con la storia delle popolazioni Atzeche, che abitavano il Paese prima dell’arrivo dei conquistadores. I sacerdoti consumavano il succo di agave fermentato, questo per consentir loro di entrare, con l’aiuto dell’alcol, in una sorta di trance necessario per “parlare” con il loro Dio, ma sopratutto per sopportare lo scempio compiuto durante i sacrifici umani e di animali, perpetrati durante lo svolgimento delle funzioni religiose.
Questa sorta di “birra” biancastra e viscosa, chiamata “octili poliqui” e ribattezzata “pulque” dagli spagnoli, veniva con tutta probabilità fatta bere anche ai sacrificandi, per indurre in loro uno stordimento, in modo che non si rendessero conto della sorte tremenda a cui andavano incontro. Il consumo del pulque, come spesso accade ai fermentati all’inizio della loro storia, era consentito, oltreche alla casta sacerdotale, ai soli nobili, che lo consumavano esclusivamente nelle occasioni ufficiali.
Con l’arrivo degli spagnoli e la distruzione dello status della casta sacerdotale e nobile, il consumo si diffuse maggiormente fra gli strati più bassi della popolazione, mentre gli spagnoli non apprezzarono mai tale bevanda, abituati al vino eccellente della Rioja e della Ribeira del Duero. Per cercare di rimediare alle scarse qualità organolettiche del fermentato, intuirono che partendo dal principio della distillazione del vino, potevano ottenere un super alcolico, magari più raffinato e complesso, rispondente alle loro aspettative di gusto.
La conquista spagnola dell’area centro americana si svolse nella prima metà del 1500, e quindi presumibile che i tentativi di distillazione del pulque siano avvenuti in questo secolo, ma non esistono prove certe scritte lasciate dai conquistadores di Cortez. Esistono però alcune testimonianze che i conquistadores distillarono, ai tempi della conquista del Messico un acquavite a cui diedero il nome di Mezcal. Il risultato di questa distillazione fu un prodotto piuttosto ruvido e privo di finezza, dovuta alla componente erbaceo linfatica troppo marcata.
Nel 1512 venne fondata Tequila e qui si iniziò a distillare un acquavite con questo nome con caratteristiche superiori. Una parte di esso veniva fatto anche invecchiare, sfruttando la profonda conoscenza di questa tecnica da parte degli spagnoli. Nel 1753 viene fondata da alcuni imprenditori messicani la prima distilleria della storia la “Antigua Cruz” che verrà chiusa non per suoi demeriti ma per regio decreto spagnolo nel 1785. Il re era infatti preoccupato della concorrenza dell’acquavite locale rispetto all’importazione del brandy dalla Spagna.
Paradossalmente questo divieto, decaduto dieci anni dopo, permise di avere eccezionali acquaviti in vendita nei locali. Difatti le taverne non gettarono il distillato ma lo stoccarono dentro le botti in attesa di tempi migliori, cosa che si rivelò vincente per il profilo organolettico del prodotto. La data certa della produzione del Tequila secondo un disciplinare certificato, rimane quindi il 1795, data in cui viene fondata la Jose Cuervo, la prima distilleria ufficiale del Messico, anche se il “Mezcal de Tequila” incominciò a diventare noto ai più circa cinquant’anni prima.
PRODUZIONE.
La Tequila può essere prodotta solo a partire da Agave Azul Tequilera Weber (dal nome del suo studioso che la classificò ufficialmente) coltivata in Messico su ben 100.000 ettari. Il processo produttivo della Tequila prevede che le Agavi Azul cresciute per 6 anni (in molti casi anche dagli 8 ai 12), al raggiungimento della maturità “sessuale”, vengano tagliate prima che incomincino a produrre il caratteristico stelo, alto anche 5 metri, con in cima il caratteristico fiore giallo.
I coltivatori di agavi, passano la giornata a controllare la crescita delle agavi, ed individuano con tempismo le piante da tagliare. L’iniziale formazione dello stelo con l’infiorescenza viene individuato e reciso prima del suo sviluppo, in modo tale che tutto il fruttosio che l’agave ha prodotto per lo sforzo della fioritura, rimanga nel “torsolo” della pianta, inutilizzato.
La pianta con lo stelo reciso continua a produrre linfa zuccherina che si immagazzina nelle fibre, per un periodo che può arrivare anche ad un anno. Il periodo migliore per la raccolta viene spesso individuato con l’autunno, quando il sole e il caldo dell’estate hanno svolto il massimo della fotosintesi clorofilliana e i primi freddi dell’inverno hanno portato quegli sbalzi termini così utili alla formazione degli profumi primari.
Una volta recisa la pianta, gonfia di linfa, la parte interna, con l’iniziale formazione dello stelo, viene eliminata perchè in caso contrario apporterebbe una nota amara al fermentato. Il processo produttivo è sicuramente più complesso rispetto ai prodotti che utilizzano canna da zucchero o l’uva, le cui doti zuccherine sono facilmente riscontrabili al gusto. La quantità di fruttosio presente nella pianta, per quanto incrementato dalla “maturità sessuale”, è comunque una quantità risibile rispetto ad altre materie prime. L’Agave Azul ne ha una percentuale superiore rispetto ad altri tipi, sia per ragioni verietali, sia per, come detto precedentemente, per il terreno di coltura, di origine vulcanica, che ha un numero di nutrienti superiore.
I Jimadores contadini specializzati nel taglio delle agavi, eliminano abilmente le foglie esterne, chiamate “pencas” con una sorta di piccola falce con un lungo manico, la “coa” , liberando così il cuore della pianta che assomiglia ad una gigantesca ananas o pigna chiusa del peso variabile dai 10 ai 50 kili. Queste gigantesche pigne vengono ancora tagliate e cotte al vapore, in modo che gli zuccheri complessi stretti dentro la cellulosa fibrosa della pianta si possano liberare e trasformare in zuccheri più semplici fermentescibili. La cottura avviene in forni di grosse dimensioni foderati di argilla o di pietra, chiusi ermeticamente per non far passare il fumo del fuoco. In molte distillerie si usano anche dei meno romantici forni in moderno acciaio inox a getto di vapore che hanno il vantaggio di poter essere puliti più agevolmente dai residui.
La tequila, a differena del mezcal infatti, non ha la caratteristica nota affumicata, data da forni decisamente più rustici, spesso ricavati da buche nel terreno. Il forno dove si cuociono le agave va pulito accuratamente dopo ogni cotta, per evitare che i residui possano tostarsi eccessivamente nella successiva, dando una nota amara all’aguamiel. Inoltre i residui possono col tempo dare vita fermentazioni acetiche o irrancidire e questo spiegherebbe il diffondersi dell’acciaio, così come accaduto in passato nelle cantine enolgoche dove le vasche di cemento furono soppiantate dalle cisterne.
Il cuore cotto dalle 36 ore alle 48, a circa 80/90 gradi, viene così ammorbidito e quasi tostato, per poi essere pressato per l’estrazione del succo con tendenza dolce chiamato “aguamiel”. In questa fase, che può essere condotta con macine a pietra tradizionali o con moderne macchine si usa irrorare con acqua la massa fibrosa per dilavare completamente lo zucchero da essa. Anche se la presenza di zucchero non è elevata, ne è vietata ogni sorta di aggiunta successiva, pratica nota nel vino con il nome di “chaptalization”.
Per aumentare la sua quantità si stanno sperimentando nuovi metodi di cottura, che però sono rifiutati dalla maggioranza dei produttori storici, molto attenti alla tradizione. Per favorire al meglio lo scioglimento degli zuccheri, si usa irrorare l’impasto con getti d’acqua, per dilavare completamente la massa delle pinas pressate. Il liquido viene fatto fermentare con lieviti selezionati o selvaggi, per almeno 48 ore o più, a seconda dello stile della distilleria e della qualità stagionale della materia prima. Molte distillerie non usano lieviti selvaggi, ma lieviti enologici, specie da Champagne, che assicurano un ottimo apporto di aromi secondari.
Le fermentazioni lunghe e a temperatura controllata sono tipiche dei prodotti da invecchiamento, mentre se si vogliono prodotti pronti per il mercato si lascia che il processo si svolga in maniera tumultuosa in poco tempo. La variabile costi incide parecchio poichè le vasche refrigerate in acciaio hanno costi piuttosto elevati e non tutte le distillerie possono permetterselo. La tradizione e la tipicità poi gioca un ruolo fondamentale (funzionale all’installazione delle vasche) poiché i messicani si mostrano molto affezionati ai metodi produttivi ancestrali e spesso sono poco disponibili ad accettare le innovazioni che la tecnica moderna offre.
La distillazione del tequila generalmente avviene con un sistema combinato di alambicco discontinuo abbinato ad una colonna di rettifica, che è posta sopra la caldaia.
Solitamente gli alambicchi sono di rame ma non mancano anche le realtà moderne con l’acciaio. Questo metodo di distillazione è utilizzato quando vi sia da lavorare liquidi di origine frutticola o vegetale con residui fibrosi. L’altezza delle colonne che hanno il compito di rettificare il distillato varia a seconda dell’azienda. La cucurbita si prolunga in una colonna che serve a limitare gli alcol pesanti e dannosi, portatori di difetti nel profilo organolettico dell’acquavite. Spesso si usa un mix fra una colonna disalcolante, per ottenere la flemma alcolica (detto Ordinario con una gradazione alcolica di circa 24 °) ed un alambicco discontinuo per ottenere la il distillato finale, il tequila. Il Tequila esce, dalla seconda distillazione, ad una gradazione alcolica che varia dai 55° ai 75°.
Questa è determinata da due fattori: il tenore iniziale del fermentato, a seconda del grado zuccherino del liquido e dalla volontà di concentrare l’alcol, in testa alla colonna, del master distiller. Va da se che maggiore è la loro altezza maggiore sarà la pulizia del distillato. Nei prodotti di pregio entrambi i passaggi sono eseguiti in discontinuo. Raramente si hanno prodotti distillati tre volte, poichè il fermentato è abbastanza puro già al secondo passaggio, ma sopratutto perchè ai messicani e non solo, piace un prodotto connotato dalla materia prima, con un bel carattere vegetale. Per le tequile commerciali bianche e gold, si procede con l’addizione d’acqua al distillato, per portarlo a gradazioni variabili, a seconda delle legislazioni dai 35 ai 40°(Italia 37,5), prima della sua commercializzazione.
Per i prodotti da invecchiamento la diminuzione del grado alcolico del liquido è precedente al suo ingresso in botte ed è variabile fra i 50 ed i 60 gradi. Un eccessivo grado alcolico estrarrebbe troppo repentinamente i tannini dalle doghe della botte, ma anche un grado inferiore allungherebbe di troppo il processo. La tequila in commercio non può avere comunque un grado inferiore ai 35, mentre non si segnalano etichette “Full Proof” o “Cask Strength” come in altri distillati di scuola francese e scozzese. Proprio al processo di distillazione è legato uno dei probabili motivi dello scarso gradimento iniziale dei conquistadores spagnoli può essere spiegato nelle difficoltà legate alla distillazione dell’agave con i primi alambicchi.
Il prodotto giovane ha un odore pungente, che ricorda vagamente una nota acetica del vino, che si spiega con la caratteristica tipica di questa materia prima. L’agave è ricca di saponina e produce molto acetato di etile, che come già spiegato nel capitolo dedicato al processo di distillazione, ha un grado di ebollizione vicino all’alcol etilico. Questo odore, così come altri caratteristici possono essere eliminati dalle alte colonne di rettifica. E’ probabile che, considerati gli apparecchi arcaici a disposizione degli spagnoli, fosse difficile la separazione delle teste e del cuore, che portava con se una dote eccessiva di acetato, che scompare con l’invecchiamento, lasciando spazio a morbidezze inaspettate.
INVECCHIAMENTO.
Il processo di invecchiamento ebbe inizio solo nel 1800, quando si iniziò ad infustare in legno la tequila prima della sua commercializzazione. Prima di quella data i prodotti erano venduti esclusivamente bianchi. Molto probabilmente i messicani furono ispirati dalla scuola francese del Cognac, o del brandy spagnolo, di cui erano grossi consumatori, nel tentativo di arrotondare quel distilato così ruvido. Le tipologie di invecchiamento sono:
BLANCO o PLATA: queste due scritte significano “bianco” ed “argento” e descrivono un prodotto che riposa per 60 giorni in vasche di acciaio grandi fino a 20.000 litri o per 59 giorni in botti di legno, normalmente di secondo passaggio, per il naturale riposo del distillato che altrimenti sarebbe troppo aggressivo.
JOVEN - JOVEN ABOCADO - GOLD - ORO: queste scritte tradotte significano giovane, giovane morbida, oro, i prodotti di questa tipologia non hanno invecchiamento e il colore giallo paglierino scarico o dorato si ottiene con l’aggiunta di caramello che da maggiore morbidezza al distillato. In altri casi il colore giallo è dovuto alla miscelazione di essenza di rovere (tannini gallici), per un invecchiamento rapido, che in questo paese è legale. Bisogna comunque sottolineare che questo tipo di “invecchiamento”rapido è consentito solo con la “Mixto”, la classificazione più bassa del distillato.
REPOSADO: significa riposata che nel caso del Tequila ha valenza di “maturata, elevata”. Questo distillato rimane in tini di rovere per almeno tre mesi per acquisizione di aromi terziari dati dal legno, maggior morbidezza e un colore giallo paglierino scarico. La sosta si può prolungare fino ad 11 mesi. Questa tipologia di invecchiamento in Messico può essere utilizzata per sia per la mixto che per la 100% azul.
ANEJO - EXTRA ANEJO: la traduzione significa invecchiato, il prodotto resta in barili dalla capacità variabile di 200 o 600 litri per almeno un anno (12 mesi), come da disciplinare, ma la maggioranza delle distillerie invecchia le migliori tequile per almeno quattro, cinque anni. Le top premium rimangono in legno anche 8 anni, perdendo con la naturale evaporazione dell’alcol detta poeticamente la “parte degli angeli” anche il 30% del contenuto iniziale e sopratutto la caratteristica nota erbacea acetica, in favore di morbidezza e rotondità di gusto, che la fa apprezzare anche come prodotto da meditazione. L’evaporazione dell’alcol e dell’acqua è molto influenzata dal caldo e dall’umidità della cantina di elevazione. Questo tipo di elevazione snatura però il distillato, rendendolo simile, grazie alle note vanigliate e di spezie dolci, ad un brandy di ottima fattura. Per non perdere la caratteristica data dalla materia prima, è preferibile bere delle anejo con invecchiamenti inferiori agli 8 anni suddetti. La tipicità di un distillato è infatti molto importante per la sua identità culturale. La dicitura “extra” è stata inserita di recente, ma come la precedente in realtà non indica un numero preciso di anni, ma un invecchiamento superiore discrezionale a secondo dell’azienda produttrice. Il mercato attuale del bere richiede una maggior morbidezza delle acquaviti e sembra ritenere l’invecchiamento come un criterio di valutazione di qualità assoluto, dimenticando che ogni prodotto ha una sua maturità e un suo livello massimo di espressione, che può arrivare anche solo dopo pochi anni di passaggio in legno. Sono consentite altre diciture, per connotare ulteriormente i prodotti di qualità, come “Reserva de casa” e “single barrel”. Tutte le bottiglie poi devono avere la scritta “Hecho in Mexico” sull’etichetta frontale. Recentemente alcune aziende, fra cui Ocho stanno sperimentando un nuovo metodo di invecchiamento-aromatizzazione, che prevede di inserire all’interno della botte di parti di agave cotta, prima della sua spremitura. Il risultato, per via del contenuto lievemente zuccherino ed il profumo leggermente affumicato dell’acquavite, risulta incontrare il favore del pubblico. A livello di curiosità esiste un tequila il cui nome è 1800 che vuole ricordare l’anno in cui si iniziò ad invecchiare il tequila in legno. L’azienda che produce questo prodotto dalle caratteristiche premium, dai sentori erbacei molto particolari e tipici, del tutto simili al profumo del gambo di carciofo cotto, appartiene al gruppo Cuervo.
DEGUSTAZIONE.
La Tequila o il Tequila reposado può essere sorseggiato come prodotto da meditazione alla fine di un pasto, che ha visto come protagonista la cucina messicana, mentre per i più coraggiosi potranno bere un Margarita frozen, utilizzato alla stregua di un sorbetto, per intervallare fra loro delle alette di pollo piccanti. Stesso discorso con un bel piatto di tacos farciti alle verdure piccanti e ben speziate, mentre è da sconsigliare con preparazioni dolci per i toni acetici tipici del distillato giovane. Un altro ottimo abbinamento è bere la tequila molto fredda in abbinamento con frutta esotica o con fragole, melograno, melone o anguria, per smussare la sue origini vegetali.
Parlando di miscelazione, i cocktail a base Tequila, specie il Margarita, sono, proprio per la caratteristica nota erbacea e acetica, ottimi aperitivi. Recentemente in America si è molto diffusa la moda di bere un cocktail “shake and strain” con Tequila e succo di melograno, tanto che un produttore messicano ha lanciato sul mercato il liquore “La Pinta”, sulla cui etichetta fa ovviamente bella mostra la caravella ammiraglia di Cristoforo Colombo.Il prodotto praticamente è un infusione di succosi semi di melograno in Tequila premium.