Il "GIN" è una bevanda alcolica, solitamente incolore, prodotta utilizzando alcol neutro per lo più di origine cerealicola (frumento, granoturco, orzo, segale) con un titolo alcolometrico iniziale di almeno 96% vol., ridotto poi per diluizione (generalmente con acqua) tra i 40 – 50% vol., che in seguito viene aromatizzato in primis con bacche di ginepro e con possibili aggiunte di erbe, fiori, frutta, spezie e vari altri ingredienti scelti dal distillatore. Le materie prime naturali utilizzate per aromatizzarlo sono definite "Botanicals".
La disciplina comunitaria, più precisamente il Reg. CE 110/2008, riconosce l’Indicazione Geografica Protetta soltanto a tre particolari gin (Plymouth Gin, Gin de Mahón, Vilnius Gin), attribuita più per motivi di tradizione nell’elaborazione piuttosto che per un legame con le caratteristiche naturali del territorio. In sostanza quindi, il gin è un distillato che può essere prodotto in una miriade di modi differenti, i botanicals possono provenire da qualsiasi parte del mondo ma alla fine è solo la mano esperta del distillatore che incide significativamente sulla buona riuscita del prodotto finito.
Ma come nasce il primo Gin?
Noi Italiani da buoni campanilisti amiamo credere che siano stati nostri connazionali a produrre per primi quello che sarebbe diventato poi l’attuale GIN. Però, come avviene per tutti i grandi distillati, anche per il gin risulta difficile discernere la storia dalla leggenda.
Comunque sia, il Compendium Salernitanum un antico manoscritto del XII secolo redatto dalla Scuola Medica Salernitana descrive già all'epoca la tecnica di aromatizzare per infusione un distillato di vino con bacche di ginepro. Questa tecnica era in uso nei Monasteri situati sulle colline intorno a Salerno sulle quali crescevano spontaneamente piante conifere produttrici di una bacca "Il Ginepro" che i monaci dopo averla raccolta a mano utilizzavano nei loro rudimentali alambicchi. Non avendo altre testimonianze produttive antecedenti la data del manoscritto si tende dunque ad accreditare ai monaci della costiera amalfitana la prima forma di elaborazione di un distillato di ginepro, anche se i loro esperimenti tendevano più alla creazione di una bevanda terapeutica ed antinfiammatoria (considerando le virtù benefiche della bacca note già in antichità) che ad a scopo di ebrezza.
Altri, considerano il GENEVER quale vero antenato del gin ed aprono così una nuova disputa con chi sostiene invece che si tratta di due distillati completamente diversi tra loro. Il GENEVER comunque, fu creato in Olanda da un farmacista, tale Sylvius Franciscus medico e professore dell’Università di Leiden, che nel XVII secolo sperimentò usando alcool di grano e bacche di ginepro un rimedio per curare chi si ammalava di febbre nelle indie orientali. La bevanda riscosse un successo incredibile tanto che fu perfino prescritta ai marinai olandesi che però col passare del tempo cominciarono ad apprezzare maggiormente la parte alcolica piuttosto che quella medicinale.
I Paesi Bassi a quei tempi erano uno dei crocevia mondiali e così quando gli Inglesi ebbero modo di assaggiare il Genever si adoperarono per produrre anche loro una versione british di quel tipo di distillato denominata prima Geneva e poi perfezionata e chiamata Gin. Quì, la bevanda raggiunse l'apice della produzione allorché Guglielmo III nel 1690 vietò l'importazione di distillati stranieri, primo fra tutti il cognac degli acerrimi nemici francesi, favorendo così l'utilizzo delle eccedenze di cereali per la produzione di alcool da destinare alle distillerie di gin. La produzione divenne così importante che addirittura si arrivò ad utilizzare tale bevanda come parte del salario da destinare agli operai; le conseguenze furono gravi ed importanti soprattutto dal punto di vista sociale per l'aumento del tasso di alcolismo nella popolazione più povera con notevoli ripercussioni di ordine pubblico e di sicurezza. Il governo inglese tentò di porvi rimedio con il "Gin Acts" in sostanza cinque leggi, tra le quali una prevedeva un forte aumento della tassa sulla sua produzione, emanate per cercare di limitarne il consumo. William Hogarth fu sostenitore di questa tassa, tanto che in una sua opera "Beer Street and Gin Lane" egli parla dei pregi di bere birra rispetto ai difetti di bere gin.
Pertanto, nel giro di qualche decennio, il Gin era passato da rimedio miracoloso a pericolosa bevanda popolare capace di creare dipendenza e problemi di ordine pubblico quando assunta in dosi eccessive.
Come viene prodotto ai nostri tempi?
I metodi di produzione del Gin sono diversi ed in linea di massima ogni distillatore sceglie quello più appropriato per lavorare al meglio i "botanicals" selezionati per la sua ricetta.
Di seguito specifichiamo i principali definendoli con i termini originali :
Steeping (macerazione/infusione): i botanicals vengono messi in macerazione a freddo o in infusione a caldo direttamente nell’alcol neutro già diluito che verrà in seguito ridistillato. Questo processo può durare da qualche ora a qualche giorno a seconda di ciò che si vuole ottenere e viene effettuato a temperatura controllata al fine di poter estrarre al massimo le essenze aromatiche dei principi botanici; con temperature basse i tempi sono più lunghi e l’azione sui botanicals è più delicata, mentre a temperature alte i tempi sono ridotti e l’estrazione più decisa.
Racking (a cestello): l’aromatizzazione dei vapori idroalcolici avviene durante la distillazione senza alcun contatto con il liquido. Questi vengono fatti passare attraverso filtri o tasche di cotone contenenti gli aromi posizionati sopra l’alcol neutro o a livello del collo dell’alambicco, perciò i vapori verranno a contatto con i botanicals solo durante la distillazione. Il risultato è un gin delicato, dai sentori eterei e particolarmente adatto alla miscelazione.
Carter-Head: sono pochissimi gli alambicchi Carter-Head ancora in uso. I botanicals vengono posti in un contenitore in cima all’alambicco. Gli aromi, contenuti in recipienti di rame, non vengono bolliti ma entrano in contatto con il vapore quasi a fondo corsa della risalita dell’alcol etilico che a quell’altezza dell’alambicco ha un elevato potere solvente, ma rispettoso degli oli essenziali dei botanicals che non vengono surriscaldati prima della ricondensazione (es. Bombay Sapphire).
Cold Distillation (distillazione a freddo): si basa sul principio secondo il quale il punto di ebollizione dei liquidi cambia col cambiare della pressione; minore è la pressione, più bassa è la temperatura necessaria per ottenere l’ebollizione. Sfruttando ciò, si riesce a distillare con temperature più basse rispetto ai precedenti metodi (25° – 60°C). Questo sistema è utilizzato soprattutto quando si utilizzano botanicals che a contatto con temperature elevate non darebbero lo stesso risultato (es. bucce di agrumi fresche).
Cold Compound: questo metodo di produzione non comporta alcuna nuova distillazione. Si basa sulla miscelazione a freddo di concentrati di aromi o essenze con un alcol neutro. Ovviamente il prodotto ottenuto non essendo sottoposto a distillazione non sarà trasparente e puro (es. Gin Bathtub, Gin del Professore).
Blending: alcuni produttori hanno iniziato a svolgere infusioni e distillazioni separate dei singoli botanicals così da preservare al massimo le caratteristiche organolettiche di ognuno di essi. Il blend successivo consente di proporzionare ed eventualmente “correggere” le variazioni di profumi delle erbe, spezie, frutti, ecc. che ogni anno si possono presentare (es. Gin Primo).
Quante Tipologie o Stili ne esistono?
Il Regolamento (UE) 2019/787 Del Parlamento Europeo e Del Consiglio del 17 aprile 2019 ha sancito che può essere definito:
GIN la bevanda spiritosa al ginepro ottenuta mediante aromatizzazione con bacche di ginepro (Juniperus communis L.) di alcole etilico di origine agricola.
Nota: è dunque lecito utilizzare altre tipologie di ginepro non tossiche oltre al ginepro comune, ma quest’ultimo deve sempre essere presente per poter definire un prodotto “gin”.
L’alcol utilizzato non può essere di origine sintetica.
Il titolo alcolometrico volumico minimo del gin deve essere di 37,5% vol.
Nota: attenzione alla gradazione! La Gin Guild inglese sta intentando una causa contro un brand che ha scritto in etichetta “gin” anche se la gradazione è inferiore. Anche i cosiddetti “gin analcolici” non possono in alcun modo riportare la scritta “gin” in etichetta.
Nella produzione del gin possono essere impiegate soltanto sostanze aromatizzanti o preparazioni aromatiche, in modo che il gusto di ginepro sia predominante.
Nota: la vaghezza di questa dicitura crea da sempre molta confusione tra gli addetti al settore ed è difficile mettere in questione l’appartenenza di alcuni gin aromatizzati alla categoria poiché un “gusto” è qualcosa di soggettivo.
Il termine "gin" può essere completato dal termine "dry" se la bevanda spiritosa non contiene edulcoranti in quantità superiore a 0,1 grammi di prodotto finale per litro, espressi in zucchero invertito.
E' il famigerato gin della vasca da bagno o "Bathtub Gin" come veniva chiamato ai tempi del proibizionismo. Il processo produttivo risulta essere un semplice assemblaggio a freddo di un composto (da cui il nome "Compound") e quindi non viene effettuata nessuna ulteriore distillazione.
GIN DISTILLATO la bevanda spiritosa al ginepro ottenuta esclusivamente mediante distillazione di alcole etilico di origine agricola con un titolo alcolometrico iniziale di almeno 96% vol., in presenza di bacche di ginepro (Juniperus communis L.) e di altri prodotti vegetali naturali, a condizione che il gusto di ginepro sia predominante;
oppure
la combinazione del prodotto di tale distillazione con alcole etilico di origine agricola di uguale composizione, purezza e titolo alcolometrico. Per l’aromatizzazione del gin distillato possono essere impiegate anche sostanze aromatizzanti o preparazioni aromatiche.
Il titolo alcolometrico volumico minimo del gin distillato deve essere di 37,5% vol.
Il gin prodotto unicamente aggiungendo essenze o aromi all’alcole etilico di origine agricola non è gin distillato.
Il termine "gin distillato" può includere o essere completato dal termine "dry" se la bevanda spiritosa non contiene edulcoranti in quantità superiore a 0,1 grammi di prodotto finale per litro, espressi in zucchero invertito.
GIN LONDON DRY un gin distillato che soddisfa i seguenti requisiti:
è prodotto esclusivamente da alcole etilico di origine agricola, con un tenore massimo di metanolo di 5 g/hl di alcole al 100 % vol., il cui aroma è dovuto esclusivamente alla distillazione di alcole etilico di origine agricola, in presenza di tutti i materiali vegetali naturali impiegati.
Nota: Ciò significa che tutti gli ingredienti devono essere contemporaneamente presenti all’interno dell’alambicco durante la distillazione e un London Gin deve necessariamente essere distillato. Non è possibile aggiungere altri ingredienti aromatizzanti dopo la distillazione per poter utilizzare la dicitura London Gin.
Deve avere un titolo alcolometrico pari o superiore a 70 % vol.
Qualsiasi altro alcole etilico di origine agricola aggiunto soddisfa i requisiti di cui all’articolo 5, ma con un tenore massimo di metanolo non superiore a 5 g/hl di alcole al 100 % vol.
Non deve contenere coloranti.
Nota: La versione inglese dice: “It is not colored”. Un London Gin è trasparente così come esce dall’alambicco senza aggiungere nulla a parte l’acqua dopo la distillazione, di conseguenza non può presentare alcun tipo di colorazione.
Non deve contenere edulcoranti in quantità superiore a 0,1 grammi di prodotto finale per litro, espressi in zucchero invertito
Il titolo alcolometrico volumico minimo del London Gin deve essere di 37,5 % vol.
Il termine London gin può includere o essere completato dal termine "dry".
SLOE GIN il liquore ottenuto dalla macerazione di prugnole nel gin, con eventuale aggiunta di succo di prugnole.
Il titolo alcolometrico volumico minimo dello sloe gin deve essere di 25 % vol.
Nella produzione dello sloe gin possono essere utilizzate solo sostanze aromatizzanti e preparazioni aromatiche naturali.
La denominazione legale può essere completata con il termine "liquore".
Non è difficile però imbattersi in bottiglie che in etichetta riportano diciture diverse da quelle sopra disciplinate e pertanto a volte potremmo notare denominazioni tipo:
Plymouth il gin prodotto dal 1793 nell’omonima cittadina nel sud ovest dell’Inghilterra ed uno dei tre gin, insieme al Mahon Xoriguer e al gin di Vilnius, ad avere la denominazione Igt.
Old Tom il gin vittoriano, la prima versione, quella storica, che la tradizione vuole abbia una delicata tendenza dolce.
Contemporary Style Gin questa dicitura si trova sui prodotti di nuova generazione che hanno elaborato prodotti, uscendo dalle classiche piante aromatiche del gin, che solitamente sono iris, coriandolo, cardamomo, angelica, cassia e le scorze di agrumi. Questi prodotti spesso sono composti da un numero elevato di piante, alcune inusuali, che ne fanno più dei profumi che dei gin, dove spesso l’odore pungente del ginepro fa da comprimario. Sono adatti specie a neofiti che magari non gradivano le note eccessivamente balsamiche dei gin tradizionali e spesso hanno degli story telling, fatti di ragionamenti astratti e modaioli.
Traditional Style Gin è un gin classico, dove il profumo di ginepro è preponderante. Specie nell’ultimo periodo sono nati gin che dichiaravano l’uso esclusivo delle bacche di ginepro come aromatizzante rifacendosi alla primissima tradizione dei diuretici di metà Settecento oppure di quantità dimostrative di queste bacche in proporzione con gli altri ingredienti. Ovviamente sono ottenuti solamente con alambicco a caldo.
British London Dry considerando che “London Dry” è uno stile produttivo e non una IG, i Britannici hanno coniato questa definizione per differenziarsi dai London Dry in giro per il mondo, sottolineando la loro scuola produttiva.
Cask Gin è un gin che ha fatto botte, solitamente per qualche mese, al massimo un anno, pertanto potrebbe definirsi una riserva. Pratica usuale, in quanto storicamente non esisteva altro sistema di trasporto se non la botte, ma divenuto piuttosto raro nei tempi moderni con l’arrivo dell’acciaio. Questi gin sono solitamente più arrotondati e meno pungenti al naso, grazie all’apporto dei tannini del legno che dona delicate percezioni di spezie dolci.
Modalità di consumo in Epoca Moderna
In epoca moderna, all'apice della sua prima gloria avuta negli anni '50 e '60, il gin era alla base di numerosissimi cocktails, tra cui il più celebre era il Dry Martini. L'avvento della vodka in questo stesso periodo va però a cambiare le carte in tavola ed a poco a poco il "GIN" viene prima relegato in secondo piano e poi cade praticamente in disuso.
Solo verso la fine degli anni '80 il lancio del "Bombay Sapphire" suscita nuovamente la curiosità di Barman e Mixologist e li porta a riscoprire la eccezionale versatilità di questo distillato. Il "GIN" diventa così una nuova fonte di innovazione e numerosi distillatori cominciano a rivaleggiare in ingegnosità per affinare le loro ricette utili alla creazione di nuove varianti dello stesso che consentiranno poi la realizzazione di originali cocktails.
Oggi la possibilità di reperire, da ogni continente, materie prime dalla spiccata diversità aromatica (ginepro, aromi, agrumi, bacche, erbe, fiori, spezie...) da poter impiegare per la sua produzione lo rendono uno dei distillati più dinamici, eleganti ed alla moda tanto che è opinione diffusa pensare che il "GIN" sia la bevanda alcolica "Espressione del Tempo Presente".
Perfetta per essere miscelata con altre bevande ma in molti casi ottima anche se degustata in purezza.