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Le Origini delle "Bollicine".
Testimonianze di vini con una qualche effervescenza si perdono e si rincorrono nella storia a partire dalla Bibbia (1000 a.C) che nel salmo 75 recita "... una coppa ove spumeggiava un vin... coppa sostenuta dalle mani del Dio, Javhé!". Le documentazioni passano poi attraverso l'antica Grecia di Omero che nel XVII libro dell'Iliade, descrivendo alcuni contadini che andavano a rifocillarsi, recita "... un uomo che andava e poneva nelle loro mani un nappo spumante di dolcissimo Bacco"; ancora Virgilio nell'Eneide riferendosi a Bizia, dignitario della corte di Didone "Bevve la coppa di spumante senza vacillare".

Citando l'epoca romana si narra della perfida e affascinante Cleopatra che offriva ammaliante a Cesare il titillans Falerno reso spumeggiante dall'aggiunta di Meroe, uva di origine etiope, o il Brachetto per sedurre, più tardi, Marco Antonio; Colummella nel I secolo d.C racconta di un vino ottenuto aggiungendo al mosto, dopo due giorni di fermentazione, altro mosto concentrato col duplice scopo di aumentare la gradazione alcolica e di far rifermentare il vino che conservava in seguito parte delle "bullulae" che si sviluppavano.

Altri documenti che citano la seconda fermentazione, senza però associarla ad uno specifico tipo di vino, ci riconducono intorno al 1200 e fanno menzione ad una degustazione di vini organizzata da un certo Jehan Bodel, originario del nord della Francia, tenutasi in una locale taverna nel giorno di San Nicola. Uno dei personaggi presenti descrive un non specificato vino effervescente: “Guarda come mangia la sua spuma, e saltella, scintilla e freme; trattienilo un po’ sulla lingua, e proverai sicuramente un vino straordinario".

Tuttavia, anche se queste testimonianze ci portano a supporre che l’attitudine naturale all’effervescenza di certi vini era nota in antichità ed in epoca medioevale, non è stato ancora rinvenuto alcun reperto utile a documentare un metodo produttivo che possa avvicinare quei vini frizzanti agli odierni Spumanti e pertanto si tende a credere che l'effervescenza degli stessi fosse non indotta e tantomeno voluta.

Dom Perignon.jpgI primi spumanti di qualità, più o meno equiparabili a quelli che conosciamo oggi, si suppone siano nati in Francia verso la fine del 1600, nella regione della Champagne e per opera di un frate benedettino (o per lomeno questa è la tesi che sostengono i Francesi).

Nel 1668, all’età di 30 anni, Pierre Pérignon (1639-1715), un frate benedettino originario della regione di Argonne (quella adiacente alla Champagne nota per la foresta dalla quale si ricavava – e si ricava – il legno delle Pièce) arriva all’Abbazia di Saint-Pierre d’Hautvillers e viene nominato cellérier, un termine che all’interno delle abbazie indicava quello che oggi chiameremmo ‘food and beverage manager’. Come tale, pertanto, doveva occuparsi della produzione del vino, importantissima per le abbazie, fondamentale per quella di Hautvillers.

All'epoca tutti i Re di Francia venivano incoronati a Reims e, nel viaggio da Parigi, l’Abbazia di Hautvillers rappresentava l’ultima tappa del viaggio. Qui la corte del Re acquistava parecchio vino, ragion per cui era importante averne di eccellente da vendere loro. Ecco, perché, appena arrivato, Pierre Pérignon si occupa di recuperare e ampliare i vigneti dell’abbazia, ma, essendo anche quello che oggi chiameremmo agronomo ed enologo, peraltro molto bravo, ebbe diverse importanti intuizioni, che rivoluzionarono il processo produttivo del vino con importanti modifiche al lavoro da svolgere sia vigna che in cantina.

Infatti, si applicò alla selezione delle uve migliori (la sua scelta cadde sul pinot noir) e coltivò le vigne in modo da farle produrre naturalmente meno (concetto delle basse rese). Comprese che vigneti uguali per tipologia ma impiantati in luoghi differenti potevano dare qualità diversa delle uve (concetto di Cru). Capì che non bisognava vendemmiare tutti i vigneti lo stesso giorno, ma farlo a seconda dell’ottimale grado di maturazione di ciascuno. Inventò la pressatura soffice per ottenere un mosto chiaro anche se da uve a bacca nera. Capì che unendo uve o vini di vigneti diversi il risultato finale era superiore alla somma algebrica del valore dei singoli (concetto dell’Assemblage e del Taglio). Scoprì (secondo la leggenda in modo casuale) ed affinò le tecniche della "rifermentazione in bottiglia" e della relativa "presa di spuma". Infine, andò alla ricerca nella natia Argonne, patria del vetro di allora, di una bottiglia più spessa e pesante che riuscisse a sopportare la pressione data dalla  rifermentazione, e si dedicò poi allo sviluppo dei tappi di sughero e della gabbietta in filo metallico per la chiusura ermetica della bottiglia, senza la quale la rifermentazione sarebbe stata impossibile.

Anche se non è stato ancora accertato come l'abate abbia scoperto la genesi della trasformazione del vino fermo in vino spumante e pertanto, nel tempo, diverse versioni si sono diffuse si può invece affermare che tra il 1690 ed il 1714, Dom Pérignon mise a punto una serie di tecniche produttive che legarono indissolubilmente il suo vino spumante  lo "Champagne" a quella determinata zona di produzione la "Champagne".

Da quel momento in poi anche altri vignaioli della zona iniziarono a produrre seguendo le indicazioni dell’abate contribuendo al miglioramento della tecnica. Ad esempio il problema della formazione di un deposito nelle bottiglie durante la permananza in cantina per la seconda fermentazione (la cosiddetta feccia) fu risolto dai tecnici dell’azienda di Barbe Nicole Ponsardin, vedova Clicquot (la famosa “Veuve Clicquot”); essi idearono le pupitres (strutture a “V” rovesciata costituite da due tavole di legno incernierate su un lato e dotate di fori in cui inserire i colli delle bottiglie) e misero a punto il remuage sur pupitres, tecnica che consentiva di effettuare la separazione dei lieviti dal vino, dando così allo champagne la limpidezza che lo caratterizza.

La crescita della popolarità dello champagne ha portato alla nascita di aneddoti e leggende difficilmente verificabili, quali il fatto che Dom Pérignon fosse un esperto assaggiatore di vini (in realtà egli era astemio ma, essendo anche vegetariano, era un eccellente assaggiatore di uve), la confessione in punto di morte da parte di Dom Pérignon della ricetta segreta dello champagne (non di ricetta si trattava, ma soltanto dell’indicazione di aggiungere al vino zucchero e miscela di liquori), il fatto che la forma del bicchiere a coppa in cui veniva servito fosse stata modellata sulla forma – considerata perfetta – del seno di Madame de Pompadour, ed altre ancora.

Rimane il fatto che lo champagne è un vino la cui notorietà è diffusa oggi in tutto il mondo. Uno dei suoi primi e più illustri promotori fù sicuramente Napoleone Bonaparte che dello champagne diceva: "in caso di vittoria lo meritiamo, in caso di sconfitta, ne abbiamo bisogno" ed al quale si deve anche l'arte di sciabolarne le bottiglie per aprirle in modo teatrale. Oggi l'uso dello champagne ha assunto valenza simbolica di prestigio in varie situazioni, basti pensare al varo delle navi, alle premiazioni delle gare automobilistiche e ciclistiche ed in generale a tutte le celebrazioni di eventi particolarmente importanti.

A partire dal 1790-1800, queste tecniche furono utilizzate da altri vignaioli Svizzeri, Italiani, Tedeschi o di altre regioni geografiche ma i termini « champagnisation » o « méthode champenoise » da loro utilizzati soprattutto nel primo trentennio del secolo XIX confermano che la Champagne è stata la creatrice di questo tipo di vino e delle relative tecniche e che lo Champagne è storicamente il primo Vino Spumante prodotto in maniera sistematica (o almeno questa è l'opinione dei Francesi).

L'antagonista dello Champagne Francese è senza ombra di dubbio lo Spumante Italiano che fino a pochi anni fà si pensava fosse stato realizzato solo nel 1865 dai Fratelli Gancia ed il Conte Augusto di Vistarino.

Nei primi anni duemila, invece, è stato riscoperto il De salubri potu dissertatio un trattato scritto nel 1622 (e quindi ben 48 anni prima delle descrizioni verbali di Pierre Pérignon) da un medico di Fabriano un certo Francesco Scacchi che nello stesso aveva descritto il metodo per rendere frizzanti e spumosi i vini normali. La riscoperta di questo trattato letteralmente tradotto Del bere sano è attribuibile a due concittadini dello Scacchi: lo storico Alvise Manni e l’enologo Francesco Sbaffi.

Scacchi proveniva da una prestigiosa famiglia di medici e nel suo trattato descrive il modo corretto di bere acqua, tè e vino, e l’effetto che queste bevande hanno sul nostro corpo. In particolare nel capitolo ventuno chiamato “Se il vino frizzante, comunemente detto piccante, sia utile alla salute”, Scacchi descrive in modo dettagliato il metodo per rendere il vino da fermo a frizzante, ovvero aggiungendo mosti o uve passite e lo fa molto prima di Dom Perignon che non ha mai lasciato nulla di scritto.

Scacchi.jpgEsistono solo poche ristampe anastatiche di questo volume, conservate da varie biblioteche italiane, tra cui la biblioteca comunale di Fabriano, consultata dai due studiosi. Il libro di Scacchi, è addirittura il primo in occidente a citare il sakè giapponese, ed è ritenuto talmente importante dagli addetti ai lavori tanto da spingere la famiglia trentina Lunelli, produttrice del noto spumante Ferrari, ad acquistarne una copia nel 1997 per 14.000mila sterline.

Inoltre, altri studiosi sostengono che al tempo di Scacchi esistevano almeno altri sei trattati in Europa sui vini frizzanti o “piccanti”, tra cui Il “Libellus de vini mordaci”, scritto già nel 1570 dal medico bresciano Girolamo Conforto che però consigliava di proibire questi vini gassosi perché dannosi per la salute. Il merito di Scacchi invece è stato quello di scrivere in modo dettagliato il metodo per spumantizzare il vino in bottiglia, ma soprattutto quello di aver sdoganato il suo uso, affermando nel citato trattato che faceva bene berlo, purché con moderazione. Quindi, Scacchi è da considerare sia come capofila di una generazione di medici italiani che nel Rinascimento descrissero il metodo della rifermentazione in bottiglia (molto prima della leggenda di Dom Perignon) che come vero promotore della filosofia dello spumante: un vino elegante da bere con moderazione e in occasioni speciali.

Per tutto quanto sopra detto, nel momento in cui si è tirati in causa ad esprimere una opinione sui meriti storici legati alla creazione di questa particolare tipologia di vini (per quelli del gusto ognuno può avere la personale opinione), sarebbe opportuno dare alla Francia, diventata nazione prima di noi, il merito di aver potuto e saputo valorizzare questi prodotti ma accreditare l'Italia e l'indiscusso estro creativo degli Italiani per la geniale creazione della ricetta base.