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La Spumantizzazione dei Vini e la creazione delle "Bollicine".
La spumantizzazione è il processo di produzione che trasforma un vino base in spumante. Questo avviene facendo rifermentare completamente fino ad anidride carbonica una soluzione zuccherina aggiunta al vino ed addizionata con opportuni lieviti, ottenendo così una sovrapressione di almeno 3 bar. Detto questo, esistono sistemi e tecnologie diverse per arrivare al medesimo risultato in termini di anidride carbonica aggiunta, ma radicalmente diversi in termini del prodotto ottenuto e del suo profilo organolettico.

I metodi di spumantizzazione più diffusi ed importanti sono sostanzialmente tre:

Metodo Champenoise o Classico (rifermentazione in bottiglia);
Metodo Charmat o Martinotti (rifermentazione in autoclave);
Metodo Ancestrale o Tradizionale sui Lieviti (rifermentazione naturale in bottiglia) che non prevede l’aggiunta di soluzione zuccherina, ma la rifermentazione in bottiglia del residuo zuccherino con il quale il vino è stato imbottigliato assieme ai lieviti della prima fermentazione, ancora attivi.

In via teorica, si potrebbe ottenere uno spumante anche addizionando con anidride carbonica gassosa il vino base, come nel caso di un’acqua mineralizzata o di un soft drink, ed in questo caso l’etichetta dovrebbe riportare la dicitura “vino spumante gassificato”, ma di fatto tale pratica è completamente in disuso.



1Champenoise.jpgLe Particolarità del Metodo Champenoise o Metodo Classico.

Il Metodo Classico è un sistema di spumantizzazione che si basa sul principio della rifermentazione in bottiglia. Il metodo classico è nato in Francia, nella regione nota come Champagne e famosa per il vino frizzante che porta il suo nome.

La tradizione vuole che alla fine del 1600 l’abate Pierre Pérignon del monastero di Hautvillers (più noto come Dom Perignon) abbia scoperto il metodo della rifermentazione del vino in bottiglia durante un pellegrinaggio a Limoux, nella regione del Languedoc-Roussillon. Sul come Dom Perignon abbia sviluppato il metodo di spumantizzazione che resta legato al suo nome le fonti storiche sono piuttosto confuse. Alcuni dicono che lo Champagne fu scoperto grazie ad un errore durante la preparazione di alcuni vini bianchi nel monastero. L’esplosione di alcune bottiglie fece intuire al monaco la presenza di gas disciolto nel vino. Secondo un’altra versione sembra che Pérignon aggiungesse zucchero prima dell’imbottigliamento dei vini, per farli rifermentare e renderli frizzanti. Pérignon capì comunque il ruolo della seconda fermentazione e lavorò per affinare la tecnica, creando il metodo di spumantizzazione che si diffuse nel mondo come “Metodo Champenoise“.

In seguito a diversi contenziosi legali si arrivò alla fine dello scorso secolo alla tutela del marchio del vino Champagne e del metodo per la sua produzione. Il suo metodo di produzione, se applicato al di fuori della zona di origine non poté più fare riferimento allo Champagne e fu ribattezzato “Metodo Classico“. Gli spumanti metodo classico prodotti in Francia al di fuori dello Champagne vengono chiamati “Crémant“, in riferimento alle note vanigliate impresse dai lieviti al profumo di questi vini.

La spumantizzazione secondo il metodo classico comprende diverse fasi che partono da uno o più vini base per arrivare al prodotto finito pronto per la messa in commercio. Vediamole in dettaglio.

Produzione e assemblaggio dei vini base.
I vini base per la produzione degli spumanti vengono vinificati come vini fermi con uve vendemmiate precocemente per garantire agli stessi una buona acidità.
Dopo la fermentazione alcolica, i vini ottenuti vengono separati per varietà e Cru (in alcuni casi anche per parcella) e poi (a primavera) assaggiati dallo chef de cave e dal suo staff per stabilire quali siano idonei all’assemblaggio di una certa cuvée millesimata, quali possano andare a costituire la base del sans année e quali altri, infine, siano destinati a diventare vins de réserve, quindi entrare a far parte della scorta della maison delle vendemmie precedenti. I vin de riserve accantonati saranno impiegati successivamente per apportare ai futuri vini d'annata le opportune correzioni (assemblaggio) affinchè si possa disporre di un prodotto base costante che consenta a processo ultimato di avere uno Champagne qualitativamente costante e pertanto poter continuare a rappresentare il biglietto da visita della maison e del suo stile. Se viene creata una cuvée, miscelando vini base anche di diverse annate, il vino non porterà in etichetta indicazione dell’annata. Al contrario, se verranno utilizzate uve di una singola annata, verrà riportata in etichetta la dicitura Millesimato e verrà specificata l’annata della vendemmia. Se i vini assemblati provengono da soli vitigni a bacca bianca (ad esempio Chardonnay o Pinot bianco) lo spumante si definisce Blanc de blancs, se viene prodotto dall’assemblaggio di vini da uve nere vinificate in bianco avremo un Blanc de noirs.

Aggiunta del liqueur de tirage.
Alla cuvée così assemblata viene aggiunta una soluzione composta da vino base, zucchero di canna, lieviti selezionati e sali minerali per attivare il processo di fermentazione che porterà allo sviluppo di alcool e anidride carbonica, ossia le bollicine.

Imbottigliamento con i lieviti.
Il vino addizionato del liqueur de tirage viene imbottigliato in bottiglie spesse, di colore scuro per preservarlo dalla luce, con il fondo convesso che meglio resiste alla pressione interna e chiuse con un tappo a corona. Sotto al tappo a corona utilizzato per questa chiusura provvisoria, viene inserito un piccolo cilindro di plastica chiamato” bidule“, dove si raccoglieranno i lieviti esausti alla fine della fermentazione. Le bottiglie hanno formati tradizionali che vanno dai 0,375 ai 30 litri, anche se di fatto solo i formati da 0,75 e da 1,5 litri (magnum) vengono utilizzati per la presa di spuma, mentre per gli altri formati le bottiglie vengono riempite per travaso.

Presa di spuma (prise de mousse).
Le bottiglie vengono poi accatastate in posizione orizzontale in ambienti a temperatura controllata tra i 10° ed i 12° in assenza di luci e vibrazioni ed un adeguato livello di umidità. Gli zuccheri presenti vengono lentamente trasformati dai lieviti sviluppando alcool ed anidride carbonica. Questa fase può durare da un minimo solitamente di 18 mesi fino a molti anni. Completata la fermentazione, con zuccheri praticamente assenti, i lieviti tendono a depositarsi e la forte pressione interna insieme alla presenza di alcool favoriscono la decomposizione delle loro membrane. Pertanto, i lieviti cominciano a rilasciare profumi ed aromi complessi (assimilabili alla crosta di pane) che risultano essere più intensi con l'aumentare della superficie a contatto con il vino (per questo motivo le bottiglie sono state
precedentemente posizionata in modo orizzontale). Grazie a questo lungo e lento processo di affinamento lo spumante sviluppa anche un perlage fine e persistente. La lunghezza della permanenza sui lieviti, assieme all’eventuale maturazione dei vini di base, determina quindi il profilo olfattivo dello spumante metodo classico.

Remuage.
Al termine della fase di affinamento è necessario separare le fecce dei lieviti esausti dallo spumante. Si effettua a tale scopo una rotazione delle bottiglie (remuage) a inclinazione crescente dalla posizione orizzontale fino quasi alla verticale. In tale modo i residui si concentrano sulla punta del collo della bottiglia. A seconda della quantità delle bottiglie da trattare il remuage può essere condotto manualmente, utilizzando i tradizionali cavalletti in legno detti “pupitres“, oppure impiegando particolari macchinari in grado di ruotare ceste contenenti centinaia di bottiglie (giropallets). Le fecce esauste sono raccolte nella bidule, giusto sotto il tappo a corona. In questa posizione lo spumante si può conservare “in punta”, praticamente inalterato anche fino a molti anni, in attesa della fase successiva.

Sboccatura o “Dégorgement”.
La sboccatura è la fase di espulsione delle fecce. Oggi questo processo avviene quasi esclusivamente in maniera meccanizzata, facendo congelare i colli delle bottiglie rivolti verso il basso in un bagno refrigerante. Segue l’asportazione del tappo a corona e l’espulsione del cilindro di fecce congelate raccolte nella bidule. Un tempo questo procedimento veniva effettuato a mano, alla volée, richiedendo grande maestria e rapidità.

Dosaggio.
Durante il processo di fermentazione tutti gli zuccheri dell’uva e quelli aggiunti con il liqueur de tirage sono stati trasformati e lo spumante alla fine del processo è completamente secco. Prima della tappatura finale è necessario aggiungere del liquido per compensare il volume perso con la sboccatura. Tale liquido viene chiamato “liqueur d’expedition” che può avere gradi diversi di “dosaggio” (dosage) a seconda del suo contenuto zuccherino. Se il rabbocco avviene con lo stesso spumante, non c’è dosaggio e lo spumante risulterà perfettamente secco (“Pas Dosé“, “Dosage Zero” o “Brut Nature“). Il liqueur d’expedition può essere addizionato con vino invecchiato in barrique, zucchero di canna, acquavite o altri distillati, il tutto secondo una ricetta segreta, per dare uno stile unico al prodotto finale e il contenuto zuccherino desiderato.

Tappatura e confezionamento (abillage).
Finalmente, al termine del processo e dopo che il liqueur d’expedition si è perfettamente amalgamato, si arriva alla tappatura e al confezionamento. Sempre più aziende riportano sulla retro etichetta la data di sboccatura per consentire un consumo ideale che dovrebbe avvenire tra i 6 ed i 12 mesi per spumanti “standard”, mentre i prodotti di eccellenza possono venir conservati ed evolversi in bottiglia anche per periodi molto più lunghi.


I vitigni utilizzati per gli spumanti metodo classico.
Trattandosi di una rifermentazione in bottiglia sui lieviti, il metodo classico non si presta alla spumantizzazione di vitigni aromatici. Di fatto i vitigni più utilizzati sono quelli della tradizione francese, ossia Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Bianco ed il Pinot Meunier, poiché sono quelli che danno i risultati migliori e meglio si adattano al processo di spumantizzazione. Il Pinot Nero viene vinificato in bianco e darà struttura, corpo e persistenza. Lo Chardonnay dà al vino eleganza, freschezza e finezza, e viene anche spesso usato in purezza. In Italia si usa spumantizzare con il metodo classico anche vini da vitigni autoctoni o locali, purchè non aromatici, come il Verdicchio nelle Marche, l’Inzolia in Sicilia, il Cortese in Piemonte e molti altri. La Franciacorta è una zona nella quale la spumantizzazione con il metodo classico ha trovato la sua maggiore diffusione in Italia, ma anche in Piemonte, Trentino-Alto Adige e Veneto vi sono produzioni di assoluta eccellenza.

Questo metodo è in uso per produrre tendenzialmente:
Lo Champagne (Francia);
Il Cremant (Francia);
Il Franciacorta DOCG (Italia);
Il Trento DOC (Italia);
L'Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG (Italia);
L'Alta Langa DOCG (Italia);
Il Cava (Spagna).



1Charmat.jpgLe particolarità del Metodo Charmat o Metodo Martinotti.

Fino alla fine del 1800 il Metodo Classico era l’unico utilizzato per la produzione di vini spumanti. Nel 1895 Federico Martinotti ideò un metodo di produzione caratterizzato da costi più contenuti e tempi di produzione molto più brevi. Questo metodo implica la fermentazione in massa del vino base in contenitori in acciaio inox sotto pressione (autoclavi) a temperatura controllata. Il metodo venne poi migliorato e brevettato dal francese Eugéne Charmat una quindicina d’anni dopo, ed è ormai universalmente conosciuto come “Metodo Charmat“.

Caratteristiche degli spumanti “Charmat“.
La rifermentazione in autoclave si presta particolarmente all’ottenimento di spumanti freschi e profumati in particolare da vitigni aromatici, in quanto consente una più efficace estrazione di aromi e sapori in un lasso di tempo decisamente più contenuto rispetto al metodo classico. Inoltre le particolari note olfattive dovute alla lunga permanenza sui lieviti, caratteristiche del metodo classico, contrasterebbero con i profumi primari dei vitigni aromatici, creando un profilo olfattivo non propriamente armonico. I vini spumanti dolci, spesso prodotti a partire da vitigni aromatici, trovano in questo metodo quello più adatto alla loro produzione. La velocità del processo e la sua economicità permette inoltre la produzione di spumanti di qualità ad un costo molto più contenuto.

Il metodo Charmat o Martinotti nei dettagli.
Per produrre uno spumante con il metodo Martinotti (o metodo Charmat), come per il metodo classico si può partire da una cuvée di vini base, che viene introdotta all’interno di autoclavi in acciaio inox dove si avvia una fermentazione rapida che durerà almeno 30 giorni e può arrivare fino ad 80 giorni. La commercializzazione avverrà solo dopo alcuni mesi dall’inizio della rifermentazione in modo da stabilizzare il prodotto. Più si allunga il periodo di permanenza sui lieviti prima della loro separazione, più il risultato sarà uno spumante complesso, è in questi casi che sentiremo parlare di Metodo Charmat Lungo. D’altro canto il metodo Charmat si presta alla produzione di grandi volumi di prodotto, realizzando spumantizzazioni “on demand” a partire da mosti refrigerati che vengono sottoposti ad un doppio ciclo di fermentazione all’interno della stessa autoclave, dalla quale esce lo spumante finito che viene filtrato ed imbottigliato a pressione isobarica (cioè alla stessa pressione di uscita dall’autoclave).

Le fasi del metodo Charmat o Martinotti.
La maggior parte delle fasi della spumantizzazione con il metodo Charmat (metodo Martinotti) avvengono in condizioni isobariche (sotto pressione) per non disperdere l’anidride carbonica sviluppatasi durante i processi di fermentazione. La sequenza dettagliata è:
Fermentazione e/o assemblaggio vini base;
Aggiunta di zuccheri, sali minerali e lieviti selezionati;
Presa di spuma;
Travaso e filtrazione in condizioni isobariche;
Refrigerazione;
Filtrazione;
Imbottigliamento isobarico;
Confezionamento.

Lo Charmat lungo.
Il metodo Charmat lungo è una via di mezzo tra il metodo classico e il metodo Charmat corto, e la durata della permanenza del vino con i lieviti è di 9-15 mesi, cosa che permette di ottenere un prodotto caratterizzato da un aroma di lieviti più accentuato e dal perlage più fine. Il metodo Charmat lungo può comportare anche l’aggiunta del liqueur d’expédition dopo la rifermentazione. Questo metodo di spumantizzazione è stato messo a punto dall’enologo Nereo Cavazzani alla fine degli anni 1970. La durata non è l’unica differenza rispetto al più diffuso Charmat “corto”. Infatti all’interno dell’autoclave sono installati degli agitatori a elica che hanno il compito di rimettere in sospensione i sedimenti della fermentazione. Questo favorisce una struttura del vino più importante e un profilo sensoriale più complesso, più simile a quelli degli spumanti prodotti con il metodo classico.

Principali vini prodotti con il metodo Charmat o Martinotti.
I vini spumanti più famosi prodotti con il metodo Charmat vanno dal Prosecco al Moscato d’Asti e ai Moscati in generale, al Brachetto, ai Lambruschi e molti altri.

Il metodo Charmat e i vini dolci.
Il metodo Charmat per vini dolci si basa sulla fermentazione del mosto di uve generalmente aromatiche, come Moscato Bianco e Brachetto, interrompendo la fermentazione mediante filtrazione sterilizzante e ottenendo quindi un vino spumante naturalmente dolce e un basso volume alcolico. Si noti che in questo caso si parte in autoclave direttamente dal mosto anziché dal vino base.

Questo metodo è in uso per produrree tendenzialmente:
Il Prosecco (Italia);
Il Moscato (Italia);
Il Brachetto (Italia);
Il Lambrusco (Italia);
E molti Spumanti Italiani prodotti con uso di uve da vitigni autoctoni.



1Ancestrale.jpg

Le particolarità del Metodo Ancestrale o Tradizionale sui Lieviti.

La spumantizzazione con il Metodo Ancestrale o Tradizionale è con tutta probabilità la più antica tra le varie tecniche ancora oggi in uso.

Si differenzia dal Metodo Classico e dal Metodo Martinotti perchè mentre questi trasformano un vino fermo in un effervescente aggiungendo lieviti quando viene imbottigliato, per esso invece è esclusa questa prassi di aggiunte. Il processo produttivo tende a bloccare la fermentazione naturale per farla poi riprendere in bottiglia, al massimo aggiungendo un po’ di mosto della stessa partita.

La tradizione è infatti che lo spumante ai tempi dei nostri nonni veniva prodotto lasciando rifermentare naturalmente in bottiglia il vino, grazie al residuo zuccherino rimasto dopo il processo di vinificazione. Da alcune fonti pare che questa antica tecnica tendente a conferire maggiore complessità organolettica, fosse partita dalla zona della Blanquette de Limoux in Francia e poi diffusasi nella Champagne e via via in tutte le aree di produzione di vini spumanti.

Dal momento che non si effettua la sboccatura, questi vini si presentano torbidi con sentori di crosta di pane abbastanza accentuati e dovuti alla maggiore presenza di lieviti. Oggi questo vino spumante “sur lies“ o “col fondo“ in Italia è stato riscoperto ed aggiornato a più moderni criteri produttivi soprattutto nell’area di Conegliano-Valdobbiadene, ma pratiche simili sono presenti anche in Emilia con il Trebbiano e i Lambruschi.

Il metodo Ancestrale o Tradizionale nei dettagli.
L’elaborazione secondo il metodo ancestrale o tradizionale comincia pressando le uve in maniera soffice in modo da conservare i lieviti autoctoni presenti sulle bucce. La fermentazione avviene poi in recipienti di acciaio inox a temperatura controllata. La temperatura viene in seguito abbassata per rallentare la fermentazione e infine bloccarla. Il contenuto di zuccheri residui deve essere sufficiente a garantire la ripresa della fermentazione dopo l’imbottigliamento senza ulteriori aggiunte di zuccheri e lieviti. La tradizione vuole che si attenda fino a Marzo o Aprile che la temperatura salga quanto basta per far sì che i lieviti comincino la fermentazione degli zuccheri residui, oppure, nel caso di cantine modernamente organizzate, si predispone il controllo della temperatura in modo da far partire la rifermentazione quando desiderato, generando alcol e anidride carbonica. Gli enzimi e i lieviti presenti nel vino tendono ad inibire la formazione di anidride carbonica in eccesso creando, come dicono i francesi, un vino “petillant”, ossia frizzante. Le bottiglie vanno poi conservate in cantina in ambiente oscuro e in assenza di vibrazioni ad una temperatura attorno ai 12-15°C fino al termine del processo (alcuni giorni). In questo semplice modo si ottiene lo spumante “sur lies” o “col fondo” un vino che può essere bevuto come aperitivo o come vino da tavola. Rispetto ad uno spumante charmat in un metodo ancestrale prevalgono le note lievitate e citrine, l’effervescenza è meno invadente, acidità e sapidità sono marcate ma al tempo stesso piacevoli ed armoniche.


Questo metodo è in uso per produrree tendenzialmente:
Il Petillant Natural;
Il Moscato;